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Erich Fromm |
Come giĆ aveva intuito Reich, la
psicoanalisi ĆØ preziosa per smascherare l'azione repressiva della societĆ
borghese sull'individuo, ma solo a condizione che sia essa stessa
smascherata, criticata e liberata da ciĆ² che in essa giustifica ed asseconda la
repressione sociale. La psicoanalisi, osserva Erich Fromm [pronuncia] (tra i maggiori esponenti della Scuola di Francoforte), intende
cambiare le condizioni dell'uomo, ma si limita alle semplici pulsioni sessuali, tralasciando la realtĆ sociale e politica. “Nei
confronti delle diverse realtĆ dell'esistenza
dell'individuo e dei fenomeni sociali inconsci, la
maggior parte degli psicoanalisti – e Freud tra questi
– erano e sono non meno ciechi di altri studiosi
appartenenti alla loro stessa classe sociale”, scrive
Fromm. Freud ĆØ un borghese, cosƬ come sono
borghesi i maggiori rappresentanti della psicoanalisi.
Questo impedisce loro di osservare la societĆ da un
punto di vista critico e di comprendere le cause
sociali dei nostri disturbi individuali.
Un individuo
sano per Freud e la psicoanalisi ĆØ in grado di
“lavorare e godere”. Questa concezione di salute
psichica contiene, in realtĆ , un preciso ideale umano, che corrisponde
esattamente all'ideale borghese e capitalistico di un uomo che dedica la
propria esistenza al lavoro cercando di raggiungere prestigio sociale e
benessere economico, trovando in ciĆ² il proprio godimento. Questo
godimento non ĆØ la felicitĆ che ognuno ha il diritto di cercare anche
andando contro la societĆ e le sue richieste, ma ĆØ la legittima soddisfazione
che prova chi ha compiuto i suoi obblighi e doveri sociali. Dal momento
che questo ideale viene presentato come la condizione dell'uomo sano, ogni
altra scelta rappresenta per Freud non tanto un errore morale e sociale,
quanto un disturbo, una nevrosi.
Se dunque, per esempio, – scrive Fromm - una persona decide di aderire a un qualsiasi partito di tendenze radicali, nel far ciĆ² egli rivela di non aver ancora superato il suo odio nei confronti del padre avente origine dal suo complesso edipico; oppure se un individuo si sposa in maniera non confacente alla norma borghese per differenza di etĆ o di ceto sociale con il proprio partner, o se ancora, in relazione al proprio lavoro e alla propria carriera, non si comporta in maniera corrispondente ai modelli sociali convenzionali e persino se prova a contraddire la teoria freudiana, in tutti questi casi egli non fa che dimostrare di avere dei complessi non risolti e manifesta 'resistenze' se cerca di opporsi a questa diagnosi dell'analista.
Questo atteggiamento per Fromm non ĆØ soltanto reazionario dal punto di vista sociale e politico; esso rende anche meno efficace l'analisi. Un paziente ha bisogno, per aprirsi interamente al proprio analista, di sentirsi da lui accettato, di avvertire che la sua esigenza di felicitĆ viene compresa a fondo, quale che sia la direzione che essa prende. Ma uno psicoanalista che consideri come nevrosi qualsiasi deviazione dall'ideale individuale borghese e capitalistico non puĆ² realmente comprendere una ricerca della felicitĆ al di fuori del suo modello e dei suoi tabĆ¹. Un tale analista non puĆ² avere per molti dei suoi pazienti altro che un atteggiamento di tolleranza, che non ĆØ comprensione o accettazione, e ciĆ² verrĆ percepito dai pazienti, facendo fallire l'analisi o protraendola all'infinito.
Fromm intende quindi attuare una revisione della psicoanalisi,
superandone gli aspetti autoritari e borghesi e dandole un orientamento
progressista. La stessa concezione freudiana dell'inconscio va rivista. Per
Freud l'inconscio ĆØ individuale. Jung, come abbiamo visto, sostiene
l'esistenza di un inconscio collettivo, comune a tutti gli uomini. Fromm
parla di inconscio sociale. CiĆ² che la nostra coscienza non accetta, e
pertanto rimuove, ĆØ ciĆ² che ĆØ in contrasto con i valori condivisi della
societĆ di cui facciamo parte. Esistono dunque delle pulsioni che un'intera
societĆ rimuove, e che vanno a costituire il suo inconscio.
L'individuo rimuove ciĆ² che ĆØ giĆ stato rimosso dalla societĆ . Ma perchĆ© lo fa? PerchĆ© si adegua? Per Freud, all'origine c'ĆØ la paura di essere castrato che il bambino vive nel complesso di Edipo. Fromm non considera valida l'interpretazione freudiana del caso del piccolo Hans, che lo ha portato alla elaborazione del complesso di Edipo. A spingere l'individuo ad adattarsi alle richieste sociali ĆØ, invece, la paura dell'isolamento. Questa paura ĆØ per Fromm qualcosa di molto forte, addirittura piĆ¹ forte della sessualitĆ e della voglia di vivere. Questo dovrebbe condurre alla conclusione pessimistica che un individuo puĆ² accettare qualsiasi degradazione o crudeltĆ , qualsiasi negazione della propria umanitĆ , se ciĆ² ĆØ indispensabile per essere accettato dalla propria societĆ . Le cose in realtĆ non stanno cosƬ. L'uomo fa parte della propria societĆ , ma ĆØ anche un membro dell'umanitĆ . Se avverte il bisogno di essere accettato, ha anche un altro bisogno: quello di essere un uomo. In una societĆ in cui, per assurdo, fossero vietate la moralitĆ , l'arte, la bellezza, l'amore, tutto ciĆ² che l'uomo ha di positivo, tutte queste cose finirebbero nell'inconscio. L'inconscio non ĆØ piĆ¹, dunque, il ricettacolo di ogni negativitĆ , ma «rappresenta l'uomo universale, l'uomo totale», con i suoi aspetti bestiali, ma anche con la sua creativitĆ . In una ipotetica societĆ interamente violenta e volgare, l'inconscio sarebbe il luogo della spiritualitĆ . All'individuo si pone il compito difficile di criticare la societĆ di cui fa parte ed i suoi tabĆ¹, per appropriarsi di ciĆ² che fa parte in positivo della propria umanitĆ . La ricerca di Fromm intende aiutare l'individuo a compiere questa scelta, ad indirizzarlo verso la meta di una umanitĆ positiva, di una vita completa, felice, libera. Ma la libertĆ non ĆØ facile. Essere liberi vuol dire anche essere soli: essere l'origine dei propri pensieri e delle proprie azioni, rispondere in prima persona per i propri errori. Tutto questo non ĆØ facile. Molto piĆ¹ semplice ĆØ rifugiarsi nel conformismo, fare quello che fanno gli altri e pensare come tutti.
L'individuo rimuove ciĆ² che ĆØ giĆ stato rimosso dalla societĆ . Ma perchĆ© lo fa? PerchĆ© si adegua? Per Freud, all'origine c'ĆØ la paura di essere castrato che il bambino vive nel complesso di Edipo. Fromm non considera valida l'interpretazione freudiana del caso del piccolo Hans, che lo ha portato alla elaborazione del complesso di Edipo. A spingere l'individuo ad adattarsi alle richieste sociali ĆØ, invece, la paura dell'isolamento. Questa paura ĆØ per Fromm qualcosa di molto forte, addirittura piĆ¹ forte della sessualitĆ e della voglia di vivere. Questo dovrebbe condurre alla conclusione pessimistica che un individuo puĆ² accettare qualsiasi degradazione o crudeltĆ , qualsiasi negazione della propria umanitĆ , se ciĆ² ĆØ indispensabile per essere accettato dalla propria societĆ . Le cose in realtĆ non stanno cosƬ. L'uomo fa parte della propria societĆ , ma ĆØ anche un membro dell'umanitĆ . Se avverte il bisogno di essere accettato, ha anche un altro bisogno: quello di essere un uomo. In una societĆ in cui, per assurdo, fossero vietate la moralitĆ , l'arte, la bellezza, l'amore, tutto ciĆ² che l'uomo ha di positivo, tutte queste cose finirebbero nell'inconscio. L'inconscio non ĆØ piĆ¹, dunque, il ricettacolo di ogni negativitĆ , ma «rappresenta l'uomo universale, l'uomo totale», con i suoi aspetti bestiali, ma anche con la sua creativitĆ . In una ipotetica societĆ interamente violenta e volgare, l'inconscio sarebbe il luogo della spiritualitĆ . All'individuo si pone il compito difficile di criticare la societĆ di cui fa parte ed i suoi tabĆ¹, per appropriarsi di ciĆ² che fa parte in positivo della propria umanitĆ . La ricerca di Fromm intende aiutare l'individuo a compiere questa scelta, ad indirizzarlo verso la meta di una umanitĆ positiva, di una vita completa, felice, libera. Ma la libertĆ non ĆØ facile. Essere liberi vuol dire anche essere soli: essere l'origine dei propri pensieri e delle proprie azioni, rispondere in prima persona per i propri errori. Tutto questo non ĆØ facile. Molto piĆ¹ semplice ĆØ rifugiarsi nel conformismo, fare quello che fanno gli altri e pensare come tutti.
E' in questo modo che si spiegano il fascismo, spiega Fromm in Fuga
dalla libertĆ (1941). I sistemi totalitari hanno una struttura gerarchica che
ha il vantaggio di impedire il pensiero autonomo. Ognuno obbedisce ad un
superiore, che ĆØ il responsabile delle sue azioni. Ognuno ĆØ inquadrato in un
sistema capace di dar senso all'esistenza individuale. Al singolo non si
chiede nulla di piĆ¹ dell'obbedienza. Se ci chiediamo come ĆØ stato possibile
Auschwitz, ci troviamo di fronte proprio all'obbedienza. Lo sterminio degli
ebrei, come tanti altri tragici errori del Novecento, ĆØ stato reso possibile
dalla obbedienza di una intera nazione alla volontĆ di un capo politico. CiĆ²
mostra i rischi di ogni sistema gerarchico e aiuta a scoprire il valore della
disubbidienza. L'uomo che non obbedisce, che afferma la propria libertĆ di
giudizio e di azione, ĆØ l'uomo che puĆ² salvare il mondo dalla follia
collettiva, quella follia che potrĆ giungere, se non vi sarĆ qualcuno ad
ostacolarla, fino all'autodistruzione dell'umanitĆ .
L'uomo contemporaneo, sostiene Fromm in Avere o Essere? (1976), la sua
opera piĆ¹ famosa, ĆØ infelice perchĆ© confonde l'essere con l'avere. L'uomo
che vive secondo il principio dell'avere cerca la felicitĆ attraverso il
possesso delle cose ed il potere sulle persone. Ad esempio, acquista
l'automobile e trae da ciĆ² un piacere particolare, che perĆ² non dura: dopo
due anni ne acquista una nuova, per provare nuovamente quel senso di
soddisfazione legata al dominio che l'acquisto di un bene prestigioso gli
dĆ . Come si puĆ² immaginare, la via dell'avere non porta alla felicitĆ . Essa
stabilisce un rapporto tra un soggetto e gli oggetti che possiede, ma si
tratta di un rapporto illusorio. Da una parte gli oggetti sono transitori,
possono rovinarsi o distruggersi; dall'altra il soggetto puĆ² perdere la
capacitĆ di possederli. L'automobile di lusso che ho acquistato puĆ² venirmi
rubata o rovinarsi in seguito ad un incidente; io che ne sono il proprietario
posso perdere la capacitĆ di guidarla a causa di una malattia. Nessuno
dunque puĆ² stabilmente possedere nulla. Ci si puĆ² illudere di possedere,
perĆ². E si tratta di una illusione pericolosa, perchĆ© rende oggetti noi stessi.
Se mi definisco come possessore di cose, alla fine sono le cose a possedere
me, perchĆ© tutto ciĆ² che sono dipende da loro.
La via dell'avere ĆØ la via
della morte, perchƩ stabilisce rapporti tra un soggetto-cosa ed un oggetto-cosa.
La via dell'essere ĆØ l'unica che puĆ² rendere felici. Se ĆØ relativamente facile
descrivere la via dell'avere, perchƩ si tratta di una relazione tra cose, e le
cose sono facilmente descrivibili, ĆØ tutt'altro che facile descrivere l'essere.
Qui, per Fromm, si toccano i limiti della psicologia. Quello che un
individuo ĆØ nella sua realtĆ piĆ¹ profonda non puĆ² davvero essere
compreso. Ognuno resta, nella sua dimensione piĆ¹ profonda, un mistero
per gli altri; ognuno ĆØ unico ed irripetibile. E' possibile tuttavia indicare
alcune caratteristiche comuni di coloro che hanno preso la via dell'essere.
In primo luogo, si distinguono per l'assoluta libertĆ dai beni di questo
mondo. Non cercano il potere, il denaro, il possesso. Questo non vuol dire
che siano privi di potere. Hanno un potere diverso, che nasce
dall'interioritĆ . E' il potere di chi ĆØ indipendente, ragionevole, creativo. La
via dell'essere ĆØ caratterizzata da una attivitĆ non alienata. Il nostro ĆØ il
tempo dell'attivitĆ , e tuttavia pochi sono in grado di compiere una vera
attivitĆ . In genere confondiamo l'essere attivi con l'essere indaffarati.
Siamo realmente attivi, sostiene Fromm, quando siamo consapevoli di
essere noi la sorgente della nostra azione. Non siamo realmente attivi se,
ad esempio sul lavoro, ripetiamo in modo inconsapevole dei
comportamenti standardizzati. La vera attivitĆ ĆØ spontanea e produttiva,
anche se non produce nessun bene concretamente osservabile. Leggere una
poesia comprendendola a pieno o anche solo guardare un albero in modo
profondo, diverso dallo sguardo distratto che comunemente rivolgiamo a
questi esseri viventi, sono attivitĆ altamente produttive, anche se non
portano alla creazione di beni consumabili o utili. La via dell'essere porta al
desiderio di condivisione e di dono, cosƬ come quella dell'avere stabilisce
un conflitto con gli altri, che sono concorrenti nel possesso dei beni. La via
dell'essere ĆØ, in altri termini, la via della vita e dell'amore.
Entrambe le modalitĆ , le vie esistenziali, fanno parte della natura umana,
anche se la prima ha preso il sopravvento nelle moderne societĆ industriali.
Fromm sostiene la possibilitĆ della creazione di una nuova societĆ , una
societĆ dell'essere dopo quella capitalistica dell'avere. Crollato il mito della
CittĆ Terrena del Progresso, che ĆØ degenerata in una Torre di Babele che
sta creando il caos, bisogna per Fromm edificare la CittĆ dell'Essere, che
sarĆ la sintesi della spiritualitĆ del Medioevo e del razionalismo e della
scienza dell'etĆ moderna. CiĆ² potrĆ avvenire solo riducendo
drasticamente il possesso di beni e la brama di possesso, vale a dire
ponendo un argine al dilagare del consumismo. Nelle societĆ industriali e
consumistiche si creano ad arte una quantitĆ di bisogni artificiali, per
soddisfare i quali occorre acquistare i beni prodotti dall'industria. Questi
bisogni vanno attentamente vagliati, sostiene Fromm, per giungere ad un
consumo sano, che soddisfi quei bisogni che sono vitali e irrinunciabili. La
pubblicitĆ dovrĆ essere messa al bando, cosƬ come il lavaggio del cervello
operato dai politici con la propaganda. La CittĆ dell'Essere ĆØ una
democrazia industriale in cui la democrazia non ĆØ apparente, ma resa viva
e reale dalla partecipazione politica degli individui. Per facilitare questa
partecipazione, il potere viene decentrato e localizzato. Nessuno morirĆ di
fame, grazie all'introduzione di un reddito minimo garantito, si combatterĆ
la povertĆ nei paesi del Terzo Mondo e si libererĆ la donna dal dominio
patriarcale. Si tratta di proposte che rappresentano il tentativo di pensare
una societĆ alternativa tanto al modello capitalistico che a quello
comunistico. A distanza di trent'anni, molte di queste proposte tornano nei
movimenti di contestazione della globalizzazione economica: ĆØ il caso, ad
esempio, del reddito minimo di inserimento, oppure della limitazione dei
consumi in vista di una vera e propria decrescita economica, sostenuta da
molti gruppi della sinistra antagonista e pacifista.
Bibliografia
Avere o Essere?, Fuga dalla libertĆ e L'arte di amare (le tre opere piĆ¹ popolari di Fromm) sono disponibili in edizione economica Mondadori. Per una introduzione al suo pensiero, ĆØ utile R. Funk, Erich Fromm. La vita e il pensiero (ErreEmme, Pomezia 1997).
Links
International Foundation Erich Fromm (in italiano)
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