Carl Gustav Jung

Tra i successori di Freud, Carl Gustav Jung ĆØ l'unico che a lui si possa paragonare per l'influenza avuta sulla cultura contemporanea. Se Freud si ĆØ interrogato sul significato di fenomeni culturali come l'arte e la religione, Jung, guidato dalla sua concezione dell'inconscio collettivo, ha studiato in modo approfondito le rappresentazioni mitologiche e religiose dei diversi popoli, oltre all'arte ed alla letteratura, alle filosofie orientali ed all'alchimia. La sua ricerca si colloca dunque in una zona di confine, dove lo studio della psiche si incontra con la ricerca etnografica e antropologica.

Nei suoi primi studi, Jung si ĆØ occupato delle psicosi ed in particolare della dementia praecox, termine con cui si individuava ciĆ² che oggi si chiama schizofrenia (Psicologia della dementia praecox ĆØ il titolo di una delle prime opere di Jung, del 1907). Al centro della riflessione in questa fase ĆØ il concetto di complesso. Jung aveva notato che, chiedendo ai pazienti di rispondere ad una parola-stimolo, si verificavano a volte delle pause eccessive, mentre altre volte il paziente rispondeva con grande precipitazione. I tempi di reazione troppo brevi o troppo dilatati erano indice, per Jung, dell'esistenza di una precisa realtĆ  psichica: il complesso. I contenuti della vita psichica sono organizzati in unitĆ  minime, che assomigliano alle molecole di un corpo e che possiedono una particolare tonalitĆ  affettiva. Jung fa l'esempio dell'incontro con un vecchio amico, che in passato mi ha causato una situazione spiacevole. La percezione sensoriale (l'immagine dell'amico) e le componenti intellettuali (il mio giudizio sull'amico, i ricordi eccetera) si uniscono saldamente con i sentimenti che provo per quell'amico, in modo tale che si puĆ² affermare che il complesso ha una sua “tonalitĆ  affettiva” 1.

Il metodo dei tempi di reazione fu adoperato in qualche caso da Jung come una sorta di test della veritĆ . Si sospettava che un ragazzo di diciotto anni avesse compiuto dei furti nella casa del suo protettore. Per verificare la fondatezza del sospetto, Jung sottopose il giovane ad un test dell'associazione, sottoponendogli una lista di parole alle quali gli si chiedeva di rispondere con la prima parola che gli venisse in mente. Trentasette di queste parole erano state scelte strategicamente per evocare la situazione del furto, e furono proprio queste parole a tradire il giovane, che rispose ad esse con un tempo di reazione decisamente maggiore, in qualche tempo inceppandosi anche nella risposta. Alla fine, quando gli si rivelĆ² lo scopo del test ed il suo risultato, il giovane confessĆ² in lacrime il suo furto. Le parole scelte da Jung, e mimetizzate tra le altre, erano riuscite a portare alla luce il complesso legato al furto 2.

I complessi sono autonomi rispetto alla coscienza, possono spingersi fino ad assumere una identitĆ  propria, a presentarsi come un Io distinto. La coscienza stessa, del resto, ĆØ un complesso, una massa di rappresentazioni unite dalla tonalitĆ  affettiva data dal proprio corpo. In altri termini, l'Io esprime psicologicamente l'insieme di tutte le sensazioni legate al corpo. Rispetto al complesso dominante dell'Io, i complessi risultano inconsci; la patologia psichica nasce dal loro conflitto inconscio, e pertanto va affrontata individuando analiticamente i complessi che ne sono la causa e procedendo quindi ad istituire tra essi un legame.

La libido

Jung comprende fin dall'inizio l'importanza degli Studi sull'isteria e soprattutto della Interpretazione dei sogni, difendendo l'opera freudiana dalle critiche e dal vero e proprio scherno con cui fu accolta da parti consistenti della scienza ufficiale dell'epoca. Con Freud, Jung condivide la distanza dalla psicologia sperimentale, con il suo procedimento analitico che lascia inesplorate le grandi realtĆ  della psiche umana. Scrive Jung:

Chi vuol conoscere la psiche umana apprenderĆ  ben poco dalla psicologia sperimentale. ƈ meglio che appenda al chiodo la toga dello studioso, dica addio al suo gabinetto di consultazione e vada per il mondo, con cuore umano, a vedere con i propri occhi gli orrori delle carceri, dei manicomi e degli ospizi, le sordide bettole di periferia, le Borse, i convegni dei socialisti, le chiese, i revival e le estasi delle sette, per sperimentare di persona amore e odio, la passione in tutte le sue forme. RitornerĆ  molto piĆ¹ informato, saprĆ  molto di piĆ¹ di quanto gli insegnerebbero poderosi tomi alti un palmo e potrĆ  essere per i suoi pazienti un vero psicologo. 3

ƈ stato Freud, il “geniale medico viennese”, ad inaugurare questa nuova psicologia, che non se ne sta nel chiuso di un laboratorio, ma investiga il mondo umano nella sua complessitĆ . Jung non condivide, tuttavia, la centralitĆ  che nella riflessione freudiana assume il sesso. GiĆ  nella Psicologia della dementia praecox, Jung considera il complesso sessuale come uno dei tanti complessi che sono all'origine dei nostri disturbi mentali, negando ad esso quella valenza generale ed originaria che ha in Freud. SarĆ  questa differenza di interpretazione che porterĆ  alla rottura tra Freud e Jung, con la pubblicazione di un'importante opera di quest'ultimo, La libido, simboli e trasformazione (1914). Freud aveva riconosciuto, nei Tre saggi sulla sessualitĆ , che la libido puĆ² spostarsi, investendo di carica sessuale degli oggetto che non ne hanno alcuna (lo stesso bacio era per Freud un esempio di questo fenomeno, dal momento che la bocca non ĆØ legata all'apparato riproduttivo). Prendendo in considerazione la demenza precoce, Jung ĆØ indotto ad ampliare la dottrina freudiana della libido. Infatti i malati di demenza precoce non mostrano piĆ¹ alcun interesse per la realtĆ , non sono piĆ¹ in grado di adattarsi all'ambiente. In questi pazienti vengono a mancare forze pulsionali che non possono essere ricondotte alla sessualitĆ , perchĆ© se cosƬ fosse chiunque manifesti una introversione della libido (come avviene delle nevrosi: “per esempio, una donna frigida che non riesce a trasferire sull'uomo la libido sessuale a causa di una specifica rimozione sessuale, conserva desta dentro di sĆ© l'imago dei genitori e manifesta dei sintomi che si ricollegano all'ambiente della sua infanzia” 4) dovrebbe sperimentare una perdita di senso della realtĆ  paragonabile a quella dei malati di demenza precoce. CosƬ invece non avviene.

Occorre dunque, per Jung, allargare il concetto di libido, fino a farla coincidere con la volontĆ  in generale (e Jung nomina esplicitamente la volontĆ  di Schopenhauer). La libido ĆØ una pulsione di vita, una forza che cerca la sussistenza dell'individuo e la diffusione della specie. Nella prima infanzia, la libido ĆØ una pulsione che spinge alla nutrizione ed alla crescita corporea; solo in un secondo tempo essa diventa una vera pulsione sessuale. Vi ĆØ tuttavia una evoluzione ulteriore, che porta la libido a concentrarsi sulla protezione della prole. La libido primaria viene progressivamente desessualizzata e applicata in campi diversi dalla riproduzione. Il simbolo gioca un ruolo fondamentale in questo processo. Un oggetto sessuale viene trasformato in una immagine fantastica, in un simbolo (ad esempio, una spada). Il simbolo consente cosƬ una sorta di spiritualizzazione della libido. Consideriamo l'incesto. La realizzazione di un desiderio incestuoso ĆØ naturalmente resa impossibile (o pericolosa) dal divieto sociale. Tuttavia essa puĆ² realizzarsi in qualche modo attraverso il simbolo. La madre viene trasformata fantasticamente in qualcosa d'altro, e la fecondazione avviene informa rituale, senza alcuna conseguenza sociale. Il desiderio incestuoso in questo modo diventa simbolico, si spiritualizza. Qualcosa di simile avviene, per Jung, nel Vangelo, lƬ dove Nicodemo chiede a GesĆ¹ come puĆ² un uomo giĆ  vecchio rinascere, dal momento che non ĆØ possibile tornare nel ventre della madre (incesto), e GesĆ¹ gli risponde che la rinascita avverrĆ  nell'acqua e nello Spirito Santo (Giovanni, 3, 4 segg.). L'acqua e lo Spirito rappresentano i simboli che operano la trasformazione della libido. Il desiderio incestuoso viene spiritualizzato grazie al simbolo del battesimo. “In tal modo – scrive Jung – l'uomo ridiventa bambino e rinasce entro una cerchia di fratelli e sorelle, ma sua madre ĆØ la 'comunione dei santi', la Chiesa, e la cerchia dei suoi fratelli e sorelle ĆØ l'umanitĆ , con la quale ĆØ di nuovo unito nella comune ereditĆ  di antichissimi simboli” 5.

Questa considerazione del messaggio del Cristo non comporta, come si potrebbe credere, una svalutazione del cristianesimo. Per Jung, il cristianesimo ha svolto il compito storico di spiritualizzare la libido; se lo si abbandonasse, “potrebbe pesare sull'umanitĆ  un'ebbrezza di depravazione” 6 ed andrebbero perduti tutti i progressi della libido, compiuti attraverso il simbolo e il mito. CiĆ² non impedisce a Jung di considerare auspicabile il passaggio dalla credenza alla comprensione, vale a dire ad una libido spiritualizzata senza alcun ricorso al simbolismo religioso. Si entrerebbe in questo modo nell'epoca “dell'autonomia morale, della completa libertĆ ” 7, attraverso la possibilitĆ  di comprensione che la psicoanalisi offre.

L'inconscio collettivo e gli archetipi

Non soltanto la concezione della libido subisce un allargamento nella teoria di Jung. Scavando nei miti e nei sogni, nelle fiabe e nelle rappresentazioni religiose, nei simboli degli alchimisti ed in quelli magici, Jung scopre una cosa singolare: esistono alcune immagini che sono universali, che si ritrovano in contesti lontani nello spazio e nel tempo. Chi abbia una conoscenza anche solo superficiale dei testi sacri delle religioni, puĆ² ad esempio verificare la presenza del simbolo dell'albero sia nella Genesi (l'albero della vita e l'albero del bene e del male), nella Bhavagadgita indiana (l'albero Asvattha) e nella mitologia nordica (l'albero cosmico Yggdrasil). Ma Jung scopre anche simboli meno comuni, la cui ricorrenza non puĆ² essere casuale. Un suo paziente malato di schizofrenia, ad esempio, aveva la visione di un sole dotato di fallo che oscillando provocava il vento. Jung si sorprese non poco quando scoprƬ che un simbolo simile, legato anch'esso alla origine del vento, si trovava nella antica religione del dio Mitra 8. Il paziente non avrebbe potuto trarre la propria allucinazione dal mito religioso, poichĆ© il papiro che informava della presenza di questo simbolo nella religione mitraica era stato pubblicato solo di recente e di certo il paziente non ne era a conoscenza. C'era dunque una sola spiegazione: il simbolo del sole con il fallo ĆØ un simbolo che si trova dentro di noi, in ognuno, e che emerge tanto nelle visioni degli schizofrenici quanto nei miti e nelle liturgie religiosi. Queste immagini universali sono ciĆ² che Jung chiama archetipi.

Dove si trovano questi archetipi? Nell'inconscio, evidentemente, poichĆ© non sono immediatamente accessibili alla coscienza, cui si presentano solo attraverso le immagini. Tuttavia questo inconscio non puĆ² essere quello personale, dal momento che si tratta di immagini universali, che prescindono dall'esperienza dei singoli. Si tratterĆ  dunque di un inconscio impersonale, collettivo, che tutti gli uomini hanno in comune. Al di sotto delle differenze di cultura, di lingua, di religione, al di lĆ  delle varietĆ  individuali, esiste un fondo inconscio comune, che si presenta alla coscienza dei singoli e dei popoli attraverso immagini che ĆØ possibile confrontare ed interpretare. Da dove venga questo inconscio collettivo ĆØ un problema cui Jung non ha dato una risposta chiara. Esso potrebbe rappresentare, da un lato, il sedimentarsi delle esperienze fatte dall'uomo nel corso dei millenni, la memoria inconscia del cammino e dell'apprendimento della specie umana; dall'altro, potrebbe essere la traccia lasciata in noi da una sorta di anima collettiva, una concezione che appartiene anch'essa al mito piĆ¹ che alla scienza. Quel che ĆØ certo, per Jung, ĆØ che gli archetipi esistono, e la loro analisi e comprensione ĆØ fondamentale per la crescita individuale.

L'individuazione

La complessitĆ  dell'essere umano per Jung non si riduce alle due dimensioni della coscienza e dell'inconscio. Nell'ottica junghiana, quello della personalitĆ  ĆØ un teatro sul cui palcoscenico compaiono molti attori. La Persona, in primo luogo. La parola persona in latino indica, appunto, la maschera che gli attori portavano sul palcoscenico e che caratterizzava il personaggio. Persona ĆØ, appunto, la maschera che indossiamo quotidianamente, il lato della nostra personalitĆ  che mostriamo agli altri, tutto ciĆ² che noi siamo in relazione ai diversi ambienti in cui ci troviamo a vivere. La Persona rappresenta, in altri termini, il nostro lato esteriore. Il nostro lato interiore, intimo, sentimentale invece ĆØ rappresentato dall'Anima. In un uomo, l'Anima ĆØ anche il lato femminile. Per Jung, infatti, non esiste nulla che sia puro, privo dei segni del suo contrario, e ciĆ² vale anche per la personalitĆ . Un uomo porta in sĆ© qualcosa di femminile, cosƬ come la donna ha in sĆ© un lato maschile. Il simbolo cinese, ben noto, dello yin e dello yang (che rappresenta un cerchio diviso in una parte bianca e una nera, ma con un punto bianco nella parte nera e uno nero nella parte bianca) rappresenta alla perfezione questa complementaritĆ  di maschile e femminile. E se il femminile nell'uomo ĆØ l'Anima, il maschile nella donna ĆØ l'Animus. L'Anima porta l'uomo a quelle idealizzazioni della figura femminile che sono cosƬ frequenti non solo nella letteratura e nei miti e nelle leggende, ma anche nella vita quotidiana. L'uomo privo di un rapporto corretto con la propria Anima proietta sulla donna una immagine che in realtĆ  ĆØ interiore, esponendosi a delusioni facilmente immaginabili. La donna ĆØ spinta dal suo lato maschile, l'Animus, verso la figura dell'eroe, cosƬ frequente nei suoi sogni e nel suo immaginario. Nella vita quotidiana, puĆ² essere alla base della scelta di un uomo molto piĆ¹ anziano o che, per il ruolo sociale, si ritiene dotato di qualche prestigio particolare. Anche in questo caso un rapporto poco sereno con l'Animus puĆ² causare non pochi problemi. Un attore inquietante che compare sul palcoscenico della personalitĆ  – e che, a dire il vero, si vorrebbe lasciare dietro le quinte – ĆØ l'Ombra. Essa rappresenta il lato negativo della nostra personalitĆ , il nostro Mr Hyde, quell'insieme di tendenze, di inclinazioni, di desideri che ci spaventerebbero se ne divenissimo coscienti. Ognuno, volendo, puĆ² rendersi conto di questi aspetti della sua personalitĆ . L'atteggiamento piĆ¹ saggio non ĆØ il rifiuto, che comporta il rischio di far vivere all'Ombra una vita autonoma, ma l'integrazione dell'Ombra nel resto della personalitĆ , come un attore poco piacevole ma il cui ruolo ĆØ indispensabile per la buona riuscita della rappresentazione. L'Io, l'attore che rappresenta la nostra coscienza, non ĆØ dunque che un attore tra gli altri. In altri termini, noi non siamo solo la nostra coscienza. Siamo una molteplicitĆ  di elementi, spesso in conflitto tra di loro, ma che ĆØ anche possibile armonizzare ed equilibrare, proprio come gli attori su un palcoscenico possono essere guidati da un regista. Il SĆ© (Selbst in tedesco) rappresenta questa armonia raggiunta tra i diversi attori della nostra personalitĆ . Non ĆØ un elemento psichico come gli altri, ma rappresenta una meta, qualcosa che l'uomo deve sforzarsi di raggiungere durante tutta la sua vita. Il processo con il quale l'uomo realizza il SĆ©, trovando un equilibrio tra tutti gli elementi della sua personalitĆ , ĆØ ciĆ² che Jung chiama individuazione. Alla nascita, noi non abbiamo una personalitĆ  sicura, siamo parte del nostro ambiente. Lo sviluppo consiste in una progressiva affermazione della propria singolaritĆ , che passa attraverso alcune tappe universali. In particolare, tra i trenta e i trentacinque anni avviene per Jung una svolta, con la quale si passa nella seconda etĆ  della vita e si affrontano problemi fino ad allora sconosciuti. Una persona sana affronta il passare del tempo con serenitĆ  ed equilibrio, integrando quegli aspetti negativi che sono rappresentati dall'Ombra e, soprattutto, accettando la morte. Con la vecchiaia, l'uomo si volge verso la realtĆ  interiore e conquista il suo inconscio, attingendo una profonditĆ  che ĆØ sconosciuta a tutte le altre etĆ  della vita. Quando ciĆ² accade, una esistenza esprime una compiutezza che fa pensare ad una figura geometrica che al tempo stesso ha un profondo significato religioso: il mandala. I mandala sono figure artistiche che appartengono a diverse culture, ed in particolare a quella buddhista tibetana, e vengono usate come supporto per la meditazione. Rappresentano un cerchio al cui interno sono inscritti un quadrato e diverse figure. La circonferenza rappresenta il SĆ©, che armonizza e chiude gli elementi della personalitĆ  in una unitĆ  pacificata e pronta ad affrontare il proprio destino.

Bibliografia

Le opere di Jung sono pubblicate in Italia da Bollati Boringhieri, che propone sia le singole opere, in edizioni economiche, che la raccolta delle opere complete, in diciannove volumi, disponibili anche in ebook. Un valido avviamento allo studio di Jung ĆØ la Introduzione a Jung di Henri F. Ellenberger, anch’essa pubblicata daBollati Boringhieri.

In rete

Centro Italiano di Psicologia Analitica
Psicologia junghiana


1 C. G. Jung, Psicologia della dementia praecox (1907), in C. G. Jung, Opere, tr. it., Bollati Boringhieri, Torino 1965, vol. 3, pp. 117 segg.
2 C. G. Jung, La diagnosi psicologica del dato di fatto (1905), in C. G. Jung, Elementi di psicologia, a cura di A. Carotenuto, tr. it., Newton Compton, Roma 1995, pp. 51 segg.
3 C. G. Jung, Nuove vie della psicologia (1912-1914), in Elementi di psicologia, cit., p. 136.
4 C. G. Jung, La libido, simboli e trasformazioni, Newton Compton, Roma 2003, p. 120, nota.
5 Ivi, p. 206.
6 Ivi, p. 209.
7 Ivi, p. 212
8 Ivi, p. 87.

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