La terapia centrata sul cliente

Carl Rogers
Come Frankl, Carl Rogers intende superare il pessimismo antropologico di Freud. «Dico francamente – scrive – che non condivido il punto di vista tanto diffuso secondo cui l'uomo ĆØ un essere fondamentalmente irrazionale i cui impulsi, se non fossero controllati, condurrebbero alla distruzione sua e degli altri. Il comportamento dell'uomo ĆØ invece squisitamente razionale e si orienta, con una complessitĆ  sottile e ordinata, verso le mete che l'organismo gli pone». Esiste nell'essere umano una forza essenzialmente positiva, che Rogers chiama tendenza attualizzante. Non si tratta di una forza solo umana: Rogers la scopre anche in alcune alghe che riescono a crescere sugli scogli della California, resistendo all'impeto delle onde con la flessibilitĆ  del loro fusto. In quelle alghe come in ogni essere vivente c'ĆØ una volontĆ  tenace di vivere, di conservare e migliorare l'organismo, di esplorare l'ambiente e di modificarlo. L'uomo possiede dunque una energia che lo spinge naturalmente verso ciĆ² che ĆØ il suo bene, quando non viene ostacolata. Compito della psicoterapia ĆØ quello di eliminare questi ostacoli e consentire a questa forza di operare. PoichĆ© l'individuo ha in sĆ© stesso le risorse per guarire, dovrĆ  essere lui stesso al centro del processo terapeutico: per questo la psicoterapia rogersiana si chiama centrata sul cliente
Il pensiero di Rogers ha un carattere aperto, sperimentale, niente affatto dogmatico, poichĆ© ha alla sua base una intuizione della vita come un fluire di esperienze che cambiano di continuo, la cui ricchezza puĆ² spaventare e indurre a chiusure ideologiche, e che invece deve essere accettato come tale: bisogna abbandonarsi al corso dell'esperienza, per avere una vita piena di significato. Rogers non individua dunque princƬpi indiscutibili, ma una serie di osservazioni tratte dall'esperienza che, pur nella loro provvisorietĆ , possono a loro volta aiutarci a comprendere le nostre esperienze. Una prima osservazione ĆØ che non serve a nulla assumere una facciata nei rapporti interpersonali. La nostra educazione ci impone di mascherare spesso le nostre emozioni per offrire all'altro una faccia che non risulti sgradevole. Per Rogers questo ĆØ un errore che non porta a nulla di buono. E' importante, invece, essere sĆ© stessi ed accettarsi. Per essere sĆ© stessi, ĆØ importante non farsi guidare da ciĆ² che gli altri dicono di noi. Bisogna fare attenzione ai giudizi degli altri, ma non bisogna mai permettere che ci mandino in crisi, altrimenti ciĆ² ci impedirĆ  di essere noi stessi. L'esperienza ci dice anche che alcuni tra i momenti piĆ¹ belli della nostra vita sono caratterizzati dalla presenza degli altri. Riuscire a capire gli altri, i loro sentimenti ed il loro mondo interiore, accettarli, sono cose che non solo rendono migliore la loro vita, perchĆ© consentono loro di essere sĆ© stessi, ma che arricchisce anche noi stessi. E' importante dunque gettare dei ponti tra sĆ© e gli altri, permettere agli altri di comunicare pienamente con noi. Queste osservazioni possono ricondursi a una tesi: ĆØ importante essere sĆ© stessi e consentire agli altri di esserlo
Rogers chiama congruenza la condizione di chi riesce ad essere sĆ© stesso con gli altri. Purtroppo, non sempre ci riusciamo. Spesso sperimentiamo invece situazioni di incongruenza. Accade tutte le volte che c'ĆØ un contrasto tra il nostro organismo e la nostra immagine di sĆ©. Rogers fa l'esempio di una madre che si ammala quando il suo unico figlio lascia la casa. Il suo organismo vorrebbe tenere con sĆ© il figlio, la cui presenza le dĆ  benessere, ma ĆØ anche consapevole che questo egoismo ĆØ in contrasto con l'immagine di una buona madre, che ĆØ tale solo se consente al figlio di fare le proprie esperienze. Il contrasto tra la richiesta dell'organismo e l'immagine di sĆ© sfocia nel malessere psichico. Una persona che ĆØ in stato di congruenza ĆØ anche in grado di accettare fino in fondo gli altri, come abbiamo visto. E' alla luce di questa considerazione che bisogna pensare il rapporto terapeutico. Si tratta, in sostanza, di un rapporto tra una persona che ĆØ in stato di congruenza – l'analista – ed una persona che ĆØ in stato di incongruenza – il cliente. L'analista deve dunque stabilire con il cliente un rapporto umano autentico, cominciando con l'essere pienamente sĆ© stesso, manifestando i propri pensieri ed i propri sentimenti. Solo in questo modo l'analista puĆ² realizzare una autentica empatia, giungere cioĆØ a vedere il mondo del cliente dall'interno, per cosƬ dire, a viverne le sensazioni come se fossero le proprie. Solo in questo modo, ancora, l'analista puĆ² manifestare al cliente una accettazione incondizionata ed una considerazione positiva di ciĆ² che lui ĆØ. 
L'analista non giudica, non valuta, ma accoglie il cliente, lo accetta, lo valorizza «quasi nello stesso modo in cui un genitore dĆ  valore al suo bambino, considerandolo come persona, senza tener conto del suo particolare comportamento in quel momento». Quando ciĆ² accade, il cliente comincia a cambiare. Abbandona le difese e sperimenta una percezione diversa di sĆ© stesso. Dall'accettazione dell'altro comincia il difficile cammino verso una vita piena. Per prima cosa, prende le distanze dall'immagine di sĆ© e di ciĆ² che dovrebbe essere (l'immagine della buona madre, nell'esempio che abbiamo visto), si libera dalle aspettative che gli altri nutrono nei suoi confronti e comincia a fare ciĆ² che realmente piace a lui. Liberatosi dalla presenza opprimente degli altri, il cliente impara ad avere fiducia in sĆ© stesso, si apre alla propria esperienza, in qualche modo esce da un guscio rigido e scopre di poter assumere molte forme, di poter essere molte cose diverse. Scopre, infine, che puĆ² anche aprirsi agli altri in una forma piĆ¹ autentica, qualcosa di radicalmente diverso dal gioco delle parti in cui spesso consiste la vita sociale.

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